Il debito e le minacce: "Sono imparentato con Riina"

Il debito e le minacce: “Sono imparentato con Totò Riina”

Una coraggiosa imprenditrice non si è piegata alle intimidazioni e ha denunciato.
IL BLITZ QUADRILATERO
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CATANIA – Tutto è partito grazie alla denuncia di una coraggiosa imprenditrice. Che dopo minacce dirette ed esplicite si è seduta davanti ai carabinieri e ha raccontato tutto. Un input da cui sono partite le intercettazioni che poi hanno scoperchiato il vaso di Pandora e hanno portato al blitz Quadrilatero che è scattato questa mattina contro il gruppo mafioso di San Cocimo, legato al boss Maurizio Zuccaro. 

Ma andiamo per ordine. Giuseppe Gentile, quasi un paradosso pensando al suo cognome quello che è accaduto, è il protagonista di una tentata estorsione che ha come “oggetto” un debito che il fratello della donna non avrebbe pagato. Gentile avrebbe preteso che a saldare fosse la sorella. Le sue “richieste” però sarebbero state prese (all’inizio) sottogamba. Ma poi tutto è precipitato. 

È l’ottobre di tre anni fa quando la donna si trova davanti tre energumeni. Tra cui Giuseppe Gentile. Stava chiudendo la saracinesca della sua attività commerciale quando i tre avvicinandola “la minacciano di farle del male – sintetizza nell’ordinanza il gip Santino Mirabella – se non avesse versato 70 mila euro oppure non avessero venduto la Porsche del fratello”. Tutto avviene davanti a una testimone, che rende ancor più solido il quadro probatorio. Ma le intimidazioni continuano il giorno dopo: uno dei tre si presenta all’imprenditrice e la minaccia con un un tono che il gip lo descrive come tipico dei clan mafiosi. “Che amma fare l’amma abbissare sta situazione io sugnu sicuro ca so fra ci arubbau i sodda a stu carusu”

Il fratello è più reticente. E timoroso tanto da chiedere un avvocato per rispondere alle domande dei magistrati. Ma una cosa se la lascia sfuggire in caserma: “Probabilmente appartengono alla famiglia mafiosa di San Cocimo”.

I racconti incrociati, quelli lucidi dell’imprenditrice e meno precisi del fratello, hanno permesso di arrivare a identificare i tre indagati: Giuseppe Gentile, Salvatore Russo (non raggiunto da alcuna misura) e Roberto Spampinato. 

Russo sarebbe una sorta di ‘intermediario’ secondo la Procura per evitare a Gentile di “esporsi”. Ma il gip – nonostante la gravità indiziaria – ha rigettato la richiesta di provvedimento cautelare (“vista la sua incensuratezza e la mancanza di elementi che lo vedrebbero come uno “specialista” nelle contestazioni avanzate”).

Giuseppe Gentile e il fratello della denunciante si sarebbero conosciuti proprio tramite Russo in occasione della Festa di Sant’Agata, tra il 2015 e il 2016. Si sarebbe dovuta creare un’associazione a sfondo religioso per promuovere una candelora del quartiere Villaggio Sant’Agata da far partecipare alle celebrazioni agatine. Così sarebbe nata una società che poi sarebbe stata sciolta. Da lì il “famoso debito”. 

Gentile si sarebbe vantato di essere imparentato con Totò Rifina, precisamente la famiglia della madre aveva legami familiari con il noto capomafia siciliana, ormai morto. L’imprenditore ha raccontato di aver subito minacce diversi anni prima. 

Sono così partite le intercettazioni che hanno permesso di chiudere il cerchio. In particolare in una conversazione tra Gentile e Russo, in cui prima si parla dei soldi della candelora (che conferma la versione della vittima) e poi si fa il nome dell’imprenditrice. In più passaggi discutono di “risolvere la situazione”. Ed è sempre Gentile nelle telefonate intercettare a pressare Russo a passare dall’imprenditrice e di dirle di “sbrigarsi”. E alla fine arriva il contatto tra Gentile e Roberto Spampinato che però erano molto attenti a parlare al telefono. Il “re” – come lo hanno definito nel 2016 in uno striscione in occasione della sua scarcerazione – ha fatto però un passo falso: accompagnare Russo e Gentile e minacciare una coraggiosa imprenditrice. 


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