Mafia, la mappa catanese: assetti fragili, rischio "scontri violenti"

Mafia, la mappa catanese: assetti fragili, rischio “scontri violenti”

Affari criminali, corruzione e infiltrazioni. La fotografia scattata dalla Direzione Investigativa Antimafia.
LA RELAZIONE DELLA DIA
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5 min di lettura

CATANIA – La fotografia della Dia sulla criminalità organizzata catanese relega Catania quasi alla fine dell’analisi regionale siciliana. Eppure il modello catanese della mafia a stretto contatto con le istituzioni, quello inventato da Nitto Santapaola – uno dei pochi boss della vecchia mafia ancora in vita – è la forma che dopo le stragi domina il modus operandi di Cosa nostra. I clan catanesi, tranne alcune eccezioni, sono egemoni nella Sicilia orientale e anche nell’ennese. Il loro dominio è diretto e indiretto. E le cosche cosiddette extra cosa nostra (o qualcuno le definisce stiddare) hanno fatto un salto criminale non indifferente, provando e riuscendo in molti casi a infiltrarsi nei tessuti economici e imprenditoriali. 

La mappa dei clan

Lo scatto della Dia fa riferimento al secondo semestre del 2020. Ed è il risultato di inchieste che sono scattate in quel determinato periodo.

Si parte dai nomi che sono al vertice: Santapaola, Mazzei, i La Rocca di Caltagirone. La famiglia di Ramacca avrebbe perso la sua autonoma operatività. A livello intermedio la Dia posiziona i Cappello-Bonaccorsi e i Laudani. Hanno un ruolo anche i Pillera – Puntina (Di Mauro, ndr), Sciuto (Tigna), Cursoti Milanesi, i Piacenti e i Nicotra di Belpasso (che però risultano alleati dei Mazzei). 

Come detto la mafia catanese alla violenza sceglie “azioni utili ad agevolare infiltrazioni in ambienti professionali, amministrazioni pubbliche ed economia legale”. 

Ma alcune scarcerazioni di livello e tensioni sopite nel tempo, l’8 agosto 2020, hanno fatto scoppiare una vera e propria guerra armata a Librino. Due i morti e diversi i feriti nello scontro a fuoco che ha visto affrontarsi i Cursoti Milanesi e i Cappello-Carateddi. 

Le parole di Zuccaro

È il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ad aver fornito la direttrice investigativa per guardare i movimenti della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. “E’ stato riscontrato, anche in contesti geografici diversi dalla provincia etnea, che articolazioni locali  – ha detto – della famiglia catanese di Cosa nostra si rapportano con sodalizi mafiosi ad essa contrapposti nello stesso territorio, addivenendo, se del caso, ad accordi spartitori nella gestione delle attività illecite e, più in generale, nelle infiltrazioni del tessuto imprenditoriale”. 

Estorsioni, usura e la crisi Covid

Per autofinanziarsi i clan usano estorsioni e usura. Anche se il covid qualche piccolo problema negli incassi del pizzo lo ha dato anche anche alle cosche criminali. Il blitz Iddu dei carabinieri del settembre 2020 ha disarticolato il gruppo mafioso dei Brunetto di Riposto. Il capomafia detenuto sarebbe riuscito a dirigere le redini del clan – e gli affari di estorsioni e recupero crediti-   grazie alla moglie. Donna che avrebbe anche dato il placet a spedizioni punitive contro chi si muoveva a sfavore del clan. Ancora una volta è servita la denuncia di un imprenditore per far scattare l’operazione “Jukebox”, anche qui le donne hanno avuto un ruolo non di poco conto. Sarebbero state le esattrici del gruppo di Cosa nostra di San Giovanni Galermo. Non ha perso vitalità anche il clan Laudani, decapitato dal blitz Report lo scorso dicembre 2020. Avrebbero messo le mani anche nelle aste giudiziarie pilotando le cessioni attraverso minacce. 

La droga

I soldi della mafia, che poi vengono riciclate, provengono dalla droga. Decine e decine di operazioni sono state messe a segno dalla Dda di Catania. Da Mascalucia a via Capo Passero a Catania, in ogni zona della provincia etnea sono state create piazze di spaccio i cui proventi finiscono nella pignata dei clan. Nonostante pentiti e arresti, il clan Nizza ha ancora potere nel narcotraffico. I guadagni servono anche al mantenimento degli uomini d’onore. 

La corruzione

Per poter entrare a piè pari all’interno del mondo economico e imprenditoriale la strada è la corruzione. E purtroppo anche in questo secondo semestre sono molte le inchieste che confermano una certa diffusione del fenomeno criminale nel territorio catanese. Nell’ambito “delle corruttele nell’ambito degli enti pubblici” è da evidenziare l’importanza dell’operazione “Mazzetta Sicula” che ha scoperchiato “un sistema di corruzione e frodi nella gestione illecita del ciclo dei rifiuti” nella discarica gestita fino al blitz dalla famiglia Leonardi. La Finanza ha rilevato anche collegamenti con il clan Nardo di Lentini.

Infiltrazioni negli enti locali

In questo periodo è stato evidenziato come sia necessario anticorpi capaci di debellare le infiltrazioni mafiose anche nelle istituzioni pubbliche e negli enti locali. Il 24 dicembre 2020 il Prefetto di Catania ha disposto “l’accesso ispettivo nel Comune di Calatabiano (CT) allo scopo di verificare eventuali infiltrazioni mafiose”.

Sequestri e confische

La Dia evidenzia nella relazione i numerosi sequestri e confische del valore di milioni di euro che sono stati eseguiti nei confronti di boss, affiliati e contigui ai clan mafiosi. Colpire i patrimoni è una delle azioni strategiche più incisive nella lotta alla criminalità organizzata. 

I cult nigeriani

Ultimo tassello analizzato dalla Direzione Investigativa Antimafia è la criminalità straniera. “Si tratta di sodalizi dediti in alcuni quartieri specifici, allo sfruttamento della prostituzione, del lavoro nero e del caporalato, al commercio di prodotti contraffatti e allo spaccio di droga”. Molto forte e radicata la mafia nigeriana con i cult, come è emerso nell’operazione “Family Light House of Sicily” che ha colpito a confraternita cultista dei “Maphite”. La polizia ha documentato veri e propri summit tra i vertici dell’organizzazione nelle città di Catania, Palermo, Caltanissetta e Messina.

“Non si possono escludere frizioni e scontri”

Per la Dia però “l’egemonia delle organizzazioni mafiose autoctone non può essere messa in discussione nel breve termine”. Però si evidenzia come gli equilibri associativi sono molto precari. E anche se si privilegia mantenere “pax mafiose” non può escludersi “frizioni” e “scontri violenti”.   E purtroppo la cronaca attuale fa comprendere come sotto la cenere ci siano fibrillazioni pronte a scatenare una possibile (nuova) guerra. 


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