Il ritorno dei 'viceré della mafia': clan Laudani, le richieste di pena

Il ritorno dei ‘viceré della mafia’: clan Laudani, le richieste di pena

Il boss Orazio Scuto 'u vitraru sarebbe riuscito a far passare le direttive dal carcere.
INCHIESTA REPORT
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CATANIA – Meno di un anno dopo avrebbe finito di scontare la pena del processo Vicerè. Ma nemmeno questo lo avrebbe fatto desistere dalla tentazione di dialogare dal carcere con l’esterno. Orazio Scuto ‘u vitraru, boss dei Laudani, sarebbe riuscito nel 2018 a inviare direttive nascondendo delle lettere in pacchetti di cioccolato o brick di succhi di frutta consegnati ai familiari durante i colloqui. Ma i finanzieri, con un posto di blocco organizzato ad hoc, sono riusciti a trovare le missive e a fotografarle. Le epistole – secondo le ricostruzioni accusatorie – contenevano le direttive per i due delfini e colonnelli operativi Litterio “Rino” Messina e Lucio Brancato (che opera a Mascalucia). Il triunvirato in qualche modo avrebbe cercato di ricomporre la cupola dei Laudani ‘Mussi i Ficurinia – almeno per la zona etnea – crollata dopo il blitz del 2016 (Vicerè appunto!). In questa ricostruzione, ci sarebbe stato anche l’uomo pronto a dare una lezione se ci fosse stata la necessità. Giacomo “Rochy il pugile” Caggegi avrebbe avuto questa “violenta” mansione. Un clan che avrebbe allargato gli affari mafiosi, oltre alle tradizionali estorsioni, anche verso le intestazioni fittizie e le aste giudiziarie. 

I pm Tiziana Laudani e Marco Bisogni, ieri a Bicocca, hanno esaminato le sfaccettature dell’inchiesta del Gico della Guardia di Finanza nel corso della requisitoria nella quale hanno affrontato le posizioni degli 11 imputati che hanno optato per il rito abbreviato. Alla fine hanno formulato al gup Andrea Filippo Castronuovo le richieste di condanna. Le pene chieste vanno dai 15 anni (per Lucio Brancato) ai 2 anni e 8 mesi (per Antonino Pappalardo). Per Litterio Messina i due pm hanno chiesto 9 anni e 4 mesi di reclusione, per Orazio Scuto 14 anni. Per Gaggegi, invece, 11 anni e 4 mesi.

Queste tutte le richieste di pena: Carmelo Bonaccorso: 11 anni e 4 mesi, Rosario Bonanno 10 anni e 8 mesi, Girolamo Brancato 15 anni, Giacomo Caggegi 11 anni e 4 mesi, Mirko Pompeo Casesa 6 anni e 8 mesi, Orazio Gallipoli 4 anni, Salvatore Mazzaglia 6 anni e 8 mesi, Litterio Messina 9 anni e 4 mesi (assoluzione per un capo d’imputazione riferito alle armi), Antonino Pappalardo 2 anni e 8 mesi, Antonino Puglisi 11 anni e 4 mesi, Orazio Scuto 14 anni. 

Il gup ha fissato, ad ottobre, due udienze per le arringhe difensive. Il 9 novembre, invece, ci saranno le repliche sulle richieste di rinvio a giudizio per gli altri 24 imputati (Luca Anicito, Francesco Battiati, Venerando Battiato, Rosario Caggegi, Antonino Coco, Paolo Filippo Costarelli, Maurizio Pier Francesco Di Stefano, Francesco Gallipoli, Fabio Gambino, Girolamo Genna, Alfio Giuffrida, Angelo La Rosa, Simona La Rosa, Rosario Mannino, Francesco Paolillo, Gianfranco Antonino Pappalardo, Vincenzo Massimiliano Pappalardo, Alessandro Pavone, Alessandro Camilla Scuto, Valentina Concetta Caterina Scuto, Rosaria Gabriella Sidoti, Adamo Tiezzi, Dante Giuseppe Tiezzi, Vera Torrisi). In quella stessa data il gup potrebbe entrare in camera di consiglio e contestualmente emettere la sentenza per il rito abbreviato e decidere sulle richieste di rinvio a giudizio. 

Dal troncone principale è stato stralciato il filone inerente la corruzione elettorale per le regionali 2018, che vede imputati Lucio Brancato e il deputato regionale, appena approdato ne La Lega, Luca Sammartino. Per i due è stata emessa la citazione diretta. L’udienza è stata fissata per il 7 gennaio 2020. 


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