Il "re delle finte invalidità": sequestro da un milione di euro

Il “re delle finte invalidità”: sequestro da un milione di euro

Pensioni pure ai falsi ciechi. L'inchiesta è partita dalla denuncia di un marito tradito

PALERMO – Valgono un milione di euro i beni sequestrati ad Antonino Randazzo, 58 anni, sotto processo per una serie di truffe ai danni dell’Inps. Sarebbe stato l’uomo chiave di un’organizzazione che avrebbe fatto conseguire la pensione di invalidità a persone che non ne avevano diritto.

La sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, presieduta da Raffaele Malizia, lo ritiene socialmente pericoloso. I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo hanno scovato e sequestrato 23 polizze assicurative sulla vita per un controvalore di 830.000, nove rapporti bancari con un saldo attivo di 160.000 mila euro, una macchina ventimila euro e 62.500 in contanti. C’è troppa sproporzione fra i modesti redditi dichiarati e il tesoretto che possiede.

Il processo

Randazzo è stato rinviato a giudizio assieme ad altre diciassette persone per traffico di influenze illecite, falsità ideologica, truffa ai danni dello Stato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e impiego di denaro di provenienza illecita.

La donna finta cieca

L’inchiesta coordinata dai procuratori aggiunti Sergio Demontis e Marzia Sabella, e dai sostituto Francesca Mazzocco e Andrea Fusco ha fatto emergere casi eclatanti. Una donna che risultava cieca, ma che svolgeva tutte la faccende domestiche, compreso ritirare la posta e leggerla; uomini non in grado di deambulare che se ne andavano in giro in macchina o al bar a piedi; un invalido con indennità di accompagnamento che si dilettava in balli di gruppo.

Il marito tradito

Fu un marito tradito, almeno così disse, a denunciare che la moglie aveva ottenuto una pensione di invalidità senza averne diritto. Ai poliziotti del commissariato di Partinico disse che nel 2015 la donna era stata rintracciata da un uomo di Terrasini, nel Palermitano, che l’aveva messa in contatto con Randazzo, il quale collaborava con una serie di patronati della provincia.

La catena era ampia: “Procacciatori di pazienti”, dipendenti pubblici, medici generici e specialisti, componenti delle commissioni mediche dell’Asp, responsabili di Caf. L’organizzazione avrebbe reclutato persone bisognose e disponibili a farsi aiutare in maniera illecita.

Così aggiravano la visita medica

Lo scoglio della visita medica collegiale, in alcuni casi, sarebbe stato aggirato certificando l’impossibilità del soggetto ad allontanarsi dal proprio domicilio. A quel punto altri medici compiacenti avrebbero certificato la patologia con delle visite a domicilio. Gli indagati avrebbero potuto contare anche sull’aiuto di gole profonde. E così l’aspirante invalido si faceva trovare a letto con luce e Tv spente.

Il quadro investigativo si completò grazie alle intercettazioni dei finanzieri che registrarono frasi del tipo: “Sono come una prostituta”; “Io ho le mani in pasta ovunque”; “Quel medico è cosa nostra, come dicevano gli antichi”.

La parola agli investigatori

“Obiettivo primario delle indagini svolte dalla Guardia di Finanza – spiega il colonnello Gianluca Angelini che guida il Nucleo di polizia economico finanziaria – è quello di sottrarre ai criminali ogni beneficio economico derivante dalle condotte delittuose, colpendo in particolare tutti i beni acquisiti nel tempo in assenza di redditi di origine lecita, con lo scopo di sterilizzare ogni arricchimento patrimoniale connesso al reato”.


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