Maestra picchiata, il sociologo: "Intervenire o sarà far west"

Maestra picchiata, il sociologo: “Intervenire o sarà far west”

La rete, i social, le chat dei genitori. È complesso il quadro dipinto dal professor Francesco Pira, docente dell'Università di Messina.

CATANIA – La rete, la deresponsabilizzazione agevolata dal web, le chat dei genitori. È complesso il quadro sociale e sociologico alla base del gesto, folle e sconsiderato, della giovane mamma di un alunno che ha picchiato violentemente una maestra rea, a quanto pare, di aver redarguito il bimbo.

La premeditazione e la brutalità con cui la donna si è scagliata contro l’insegnante sono due degli elementi più duri da digerire, di questa vicenda capitata a Catania ma che sarebbe potuta accadere ovunque. Come spiega il professore associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi – Delegato del Rettore alla comunicazione dell’università di Messina, Francesco Pira. “È un fenomeno che poteva capitare ovunque – dice. Per quella che è la mia esperienza di ricerca e di confronto con i colleghi europei, sono cose molto presenti anche in Paesi che hanno caratteristiche completamente diverse dal nostro”.

Nessuna indicazione geografica tipica, dunque, ma un segno – un brutto segno – dei tempi. In cui le istituzioni tutte, non solo la scuola, hanno perso l’autorevolezza e in cui la famiglia è decisamente differente dal modello pubblicitario. “Episodi come questo credo capiteranno sempre più spesso – continua. D’altronde, non sono fenomeni nuovi, ma credo che occorra fare un ragionamento serio nel rapporto tra istituzioni. Siamo passati dall’epoca in cui i maestri avevano sempre ragione a quella in cui hanno sempre torto. C’è stato questo passaggio epocale – sottolinea il professor Pira: quei figli che non venivano mai difesi dai genitori paradossalmente sono quelli che invece oggi vanno all’assalto dei docenti”.

Fenomeni acuiti dalla comunicazione social, spersonalizzata delle chat che possono diventare i luoghi in cui queste violenze prendono forma. Quelle delle mamme, in particolare, secondo Pira. “Credo che, ad alimentare molti di questi fuochi contribuiscano quelle che io chiamo una delle più grandi armi di distruzione di massa, ovvero i gruppi di WhatsApp delle mamme. Molto spesso il meccanismo è quello per cui l’allievo richiamato lo comunica alla mamma che mobilita le masse delle mamme. Da qui può partire l’azione punitiva o la protesta o l’accerchiamento. Non entro nel merito dei modelli educativi, perché ogni docente li applica come crede – aggiunge – e anche noi docenti possiamo sbagliare. Ma credo che nel macro ragionamento del rispetto per l’altro ci debba essere il micro ragionamento sul rispetto per le istituzioni”.

Istituzioni che hanno perso autorevolezza. Ancora una volta, secondo Pira, in un mondo in cui a dominare è sempre di più la tecnologia. “Credo che le tecnologie abbiano sovvertito il rapporto spazio tempo – spiega. La famiglia viene vista ancora come tanti anni fa, secondo il modello pubblicitario, per capirci quello in cui spesso la mamma non lavora e segue i figli. Oggi quella famiglia non c’è più. C’è maggiore disgregazione. Tante volte i ragazzi sono divisi tra papà e mamma. Questo rende il canale di dialogo con la famiglia particolare, con la scuola spesso costretta a parlare con due interlocutori che la pensano in maniera diametralmente opposta. Dobbiamo prendere atto del fatto che c’è una situazione sociale completamente in evoluzione”.

Non solo la scuola. Ad aver perso autorevolezza, secondo il sociologo, sono tutte le istituzioni. “Se il cinquanta per cento della gente non va a votare anche chi ci rappresenta per autorevolezza – sostiene. Tutto viene messo in discussione, secondo il principio che uno vale uno e che tutti possiamo fare qualunque cosa. Le tecnologie, aspetto che ribadisco, stanno stravolgendo completamente il nostro modo di vivere ed interpretare anche le nostre giornate. Quindi accelerano tutto e ci provocano una situazione ansiogena costantemente”.

Fenomeni che il professor Pira studia e di cui ha scritto nel libro Figli delle app. “Il tema vero, che emerge anche dalle mie ricerche, è che c’è una generazione di preadolescenti e adolescenti molto fragile. C’è un sistema di incomunicabilità tra genitori e figli; ci sono dei muri altissimi. Il sistema di protezione scatta in eccesso nel momento in cui ci si rende conto di avere anche dei deficit nel rapporto con i figli, anche emozionali o nel modo di gestire la quotidianità del rapporto”.

Trovare soluzioni ed evitare che il fenomeno si ripresenti o, peggio, si acuisca, secondo Pira rappresenta la vera urgenza. “Bisogna capire che canale di dialogo ci può essere tra scuola e famiglia per evitare che queste cose succedano. E poi bisogna iniziare a familiarizzare con il concetto che la scuola non deve essere un luogo dove bisogna essere necessariamente promossi. La scuola è il luogo dove ci si forma per la vita, dove si inizia ad avere rapporti sociali, dove si capisce quali sono le regole. Un luogo dove si hanno anche le prime con delusioni. Abbiamo di fronte una generazione di adolescenti e per adolescenti fragili, e azioni come una mamma che va picchiare l’insegnante del figlio sono delle azioni che rendono questi i ragazzi ancora più fragili. È un fenomeno di emergenza educativa che necessita di un intervento. Se le istituzioni non si rendono conto che bisogna intervenire – conclude il professor Pira – diventerà davvero il far west”.


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