Dalla crisi di governo al Quirinale, per Palermo è corsa a ostacoli

Dalla crisi di governo al Quirinale, per Palermo è corsa a ostacoli

Le trattative fra i partiti di centrodestra sono in stallo, ma a sinistra qualcosa si muove

PALERMO – Immobile, in attesa del nuovo presidente della Repubblica ma soprattutto del nuovo governo regionale. La politica palermitana è ormai ferma da settimane e la girandola di candidature, tavoli e trattative si è arrestata di colpo guardando a quello che succede altrove; uno scenario in realtà prevedibile, viste le possibile conseguenze della corsa al Quirinale sulla politica italiana, ma che si è ulteriormente complicato dopo l’annuncio di Musumeci di voler cambiare la squadra di assessori.

“Tanta confusione…”

“La verità è che in questo momento è tutto confuso, nessuno sa come finirà e il tempo stringe” dice un dirigente del centrodestra palermitano alle prese con liste e candidature, guardando sconsolato al calendario. Ancora non c’è alcuna data ufficiale, ma le Comunali nella città capoluogo dovrebbero tenersi fra maggio e giugno e quindi le liste andranno chiuse al massimo ad aprile. Un timing da brividi considerando che siamo a metà gennaio, cioè a poco più di tre mesi prima della data segnata in rosso, e ancora non ci sono né nomi ufficiali, né coalizioni definite. “In molti, prima di scegliere dove candidarsi, vogliono capire chi correrà come sindaco ma al momento nessuno lo sa – confida un altro politico di lungo corso – Bisogna aspettare quello che succederà alla Regione”.

Le turbolenze dall’Ars

Il voto con cui l’Ars ha relegato Musumeci al terzo posto fra i grandi elettori per il Quirinale ha provocato uno scossone dalle conseguenze imprevedibili; il governatore, scartata l’idea delle dimissioni immediate, ha ripiegato su un rimpasto rinviato strategicamente di qualche giorno per tentare di trovare una difficile quadra. Gli equilibri della nuova giunta non potranno non tenere conto di quello che è cambiato in questi anni e comporre il puzzle si potrebbe rivelare più complicato del previsto, anche per le tensioni interne ai partiti.

La partita nel centrodestra

Non c’è dubbio, però, che quello che accadrà alla Regione avrà effetti a catena anche sulle trattative per Palermo 2022, specie nel centrodestra. Il titolare dell’Istruzione, Roberto Lagalla, è uno dei nomi forti nella corsa a Palazzo delle Aquile: una sua riconferma in giunta, stavolta in quota Udc, potrebbe farne calare le quotazioni; di contro una sua esclusione lo lascerebbe più libero di tentare la volata per Palazzo delle Aquile. Nelle trattative per la successione a Leoluca Orlando è spuntato anche il nome di Alessandro Aricò, proposto da Diventerà Bellissima, ma l’ipotesi, già in bilico in caso di ricandidatura del presidente uscente, tramonterebbe definitivamente in caso di nomina ad assessore. Attesa in casa Lega, dove per la corsa a sindaco circolano anche i nomi di Marianna Caronia e Igor Gelarda: bisognerà capire che linea seguirà il Carroccio a livello regionale, forte dell’asse con gli autonomisti di Raffaele Lombardo. Fratelli d’Italia continua a puntare su Carolina Varchi, ma il possibile accordo con Musumeci rimetterebbe tutto in discussione.

Il nodo Quirinale

Nel centrodestra che ha impallinato Musumeci fervono le trattative, ma la verità è che anche le vicende regionali aspettano di capire cosa succederà a Roma. Il nodo non è tanto l’elezione in sé del Capo dello Stato, quanto il destino del governo Draghi, gli assetti di fine legislatura e le possibili modifiche alle legge elettorale in senso proporzionale. Variabili che rischiano di spaccare la coalizione (specie sul nome di Berlusconi) e che inciderebbero non poco anche sugli equilibri nell’Isola, con il governatore in attesa di siglare un patto di ferro con Giorgia Meloni che al momento non c’è o non è poi così solido, visto quanto successo negli ultimi giorni.

La partita nel centrosinistra

E a Palermo? Al momento nel centrodestra tutto tace, mentre a sinistra qualcosa sembra muoversi. Gli orlandiani continuano a chiedere le primarie a un Partito Democratico che sembra pensare ad altro, anche in attesa di verificare la tenuta dell’asse con Conte nella Capitale, ma il comunicato congiunto diramato ieri da Mariangela Di Gangi e Giampiero Trizzino (in cui viene citata anche la capogruppo Viviana Lo Monaco) ha destato più di una sorpresa. La candidatura della Di Gangi ha pescato finora in modo trasversale a sinistra e nel Pd, creando più di un malumore, ma se è riuscita a fare breccia anche fra i grillini, specie quelli riottosi all’alleanza con Orlando, significa che è diventata più solida.

Incognita Renzi

Discorso a parte va fatto per il centro dove, al momento, c’è in campo formalmente solo Davide Faraone il cui destino è legato a doppio filo a quello di Matteo Renzi: se l’ex premier riuscirà a essere decisivo anche in questa elezione del Presidente della Repubblica, ritagliandosi un peso nello scacchiere nazionale, Italia Viva potrebbe cambiare pelle riunendosi ad altri moderati e puntare su un proporzionale che le assicurerebbe la sopravvivenza, a Roma come a livello locale. In caso contrario, quel che resta del centro potrebbe andare a destra sedendosi a un tavolo già affollato.


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